Capita sempre più spesso di parlare di accessibilità digitale, e da parte degli interlocutori si crede – purtroppo – che sia solamente legata a siti web e app mobili “generalistiche”, dimenticandosi che il tema dell’accessibilità digitale è più sentito nell’uso di servizi che nella fruibilità delle informazioni.
Ci si dimentica troppo spesso che gli utenti con disabilità possono essere sia “clienti” esterni che dipendenti di soggetti pubblici o privati che hanno la necessità di interagire con i servizi. Approfondiamo alcuni casi, partendo dagli obblighi normativi.
Abbiamo già più volte detto che il “faro” per l’accessibilità ICT è la legge 4/2004 (Legge Stanca) che al suo interno definisce alcuni obblighi da non trascurare negli acquisti di prodotti ICT da parte di pubbliche amministrazioni e grandi aziende:
A tali obblighi, ricordiamo l’obbligo di non discriminare sia nel mondo del lavoro (dlgs. 216/2003), sia in tutti gli altri ambiti (legge 67/2006), ponendo quindi un chiaro obbligo per tutti, indipendentemente dalla dimensione e tipologia aziendale, di non discriminare. Questo ultimo punto è particolarmente importante perché ancora oggi vi sono aziende che ritengono di non essere soggette alla normativa di accessibilità digitale, dimenticando che la legge “Stanca” è un riferimento “tecnico” che potenzia altre normative vigenti. Non bisogna quindi attendere, come alcuni credono, il 28 giugno 2025 per mettersi in regola ma già da oggi, chi eroga servizi non accessibili, è potenzialmente oggetto di azione legale per discriminazione, sia essa voluta (diretta) che accidentale (indiretta).
L’universo scolastico è particolarmente toccato dal tema dell’accessibilità digitale. La legge “Stanca” già nel 2004 si era posta il problema ed aveva dedicato alla scuola l’art. 5.
Art. 5 (Accessibilità degli strumenti didattici e formativi)
Il comma 1 è particolarmente importante perché fa comprendere come gli strumenti didattici e formativi delle scuole di ogni ordine e grado rientrano negli obblighi previsti dalla legge “Stanca”. Significa, ad esempio, che tutti gli applicativi sia web che non web, il materiale documentale e le app mobili (esempio: app per verifica / compilazione registro) devono essere accessibili ossia non devono discriminare dipendenti e utenti con disabilità. Un docente non vedente, ad esempio, deve essere in grado di poter utilizzare il registro elettronico e gli strumenti didattici forniti dall’Istituto, così come un genitore con disabilità visiva o motoria deve poter interagire con gli applicativi che consentono di consultare il registro scolastico.
Il comma 2 si spinge oltre, ed arriva a richiedere la fornitura di versioni accessibili dei libri e “degli strumenti didattici fondamentali”, non limitandosi quindi alla versione “PDF” di libri cartacei ma a tutto il materiale di supporto solitamente fornito con gli stessi (ambienti digitali di apprendimento).
I portali degli acquisiti (acquistainrete e non solo) dovrebbero richiedere ai fornitori una autodichiarazione di conformità dei prodotti, in modo da consentire agli istituti scolastici di poter identificare i prodotti più accessibili prima di effettuarne l’acquisto).
Anche in questo caso, vale sempre l’applicazione delle due norme contro la discriminazione dei dipendenti de degli utenti.
Similmente al mondo della scuola, nella generalità della pubblica amministrazione è necessario comprendere che la postazione di lavoro del dipendente con disabilità non si limita al personal computer ma si estende a tutti gli applicativi con cui deve interagire nell’ambito lavorativo. Se un dipendente con disabilità desidera richiedere delle ferie, consultare le ferie residue, deve poterlo fare con gli strumenti digitali come tutti gli altri colleghi.
Anche in ambito di formazione interna, è necessario garantire che i dipendenti con disabilità non siano discriminati rispetto agli altri colleghi: sta quindi all’amministrazione acquisire i prodotti idonei a non discriminare, richiedendo ai fornitori una autodichiarazione di conformità rispetto alle regole di accessibilità.